La prima Lezione di Maria ..
Storia reale, (nome di fantasia)
Mi chiamo Antonio, e insegno autodifesa femminile, e
sicurezza da oltre trent'anni . Ogni nuovo corso porta con sé storie diverse:
alcune ragazze arrivano con grinta, altre con paura,altre con Ansia, altre con
poca autostima. Quando è entrata Maria, però, ho capito subito che la sua
battaglia non era con un aggressore esterno, ma con sé stessa.
La vidi stringersi nel suo giubbotto come se volesse
scomparire. Non guardava nessuno negli occhi, si teneva un passo indietro dal
gruppo.
«Benvenute a tutte,» dissi con un sorriso, «qui non ci sono
giudizi, né competizioni. C’è solo un viaggio che farete per scoprire la vostra
forza, e mettervi in gioco»
Notai che Maria non alzò mai lo sguardo, ma le sue mani
tremavano appena.
La difficoltà...
Durante un esercizio di base — liberarsi da una presa al
polso — si bloccò. Ogni volta che provava, si scusava.
«Scusa, non ci riesco.»
«Non c’è nulla di cui scusarsi, Maria,» risposi con calma.
«Vuoi che te lo mostri di nuovo?»
Annuì piano. Glielo feci vedere, lentamente. «Non serve
forza, solo tecnica e decisione.»
Lei provò ancora, ma la mano le si fermò a metà.
«Hai paura di farmi male?» chiesi sorridendo.
«Sì…»
«Allora fammi un regalo: prova davvero. Non puoi farmi male,
ma puoi dimostrare a te stessa che ce la fai.»
Quella volta riuscì. E si lasciò sfuggire un sorriso timido,
come se non fosse abituata a vederlo sul proprio volto.
I progressi....
Le settimane passarono. Maria arrivava sempre in silenzio,
ma cominciava a posizionarsi un po’ più vicina al gruppo. Un giorno la invitai
a fare coppia con un’altra ragazza più esperta.
«Non ce la faccio,» mi sussurrò.
«Non devi farcela subito. Devi solo provarci.»
La vidi affrontare l’esercizio con esitazione, poi liberarsi
dalla presa con un gesto preciso. La compagna la guardò sorpresa:
«Brava! Sei stata veloce!»
Maria abbassò lo sguardo, ma sulle labbra le comparve quel
sorriso fragile che avevo imparato ad aspettare.
La svolta...
Una sera, a fine lezione, restò indietro mentre le altre
uscivano.
«Posso chiederti una cosa?» disse a bassa voce.
«Certo.»
«Perché mi sembra sempre di non valere niente? Anche quando
riesco… non ci credo davvero.»
Le risposi con sincerità:
«Sai qual è il vero scopo di questo corso? Non è imparare a
colpire. È imparare a guardarti allo specchio e riconoscere che tu hai diritto
allo spazio che occupi. Ogni volta che ti liberi da una presa, non stai solo
muovendo il braccio: stai dicendo al mondo io ci sono.»
Lei rimase in silenzio, ma i suoi occhi si illuminarono di
una luce, qualcosa stava cambiando nel suo profondo,bel lavoro Antonio,
pensai...
L’ultima lezione del corso.. l'esame...
All’esame generale organizzammo una delle tante simulazioni:
ognuna doveva difendersi in un piccolo scenario. Quando arrivò il turno di
Maria, vidi che respirava a fondo, la testa leggermente più alta. Mi avvicinai,
la afferrai per il polso come la prima volta.
Questa volta non esitò: un movimento rapido, deciso, e si
liberò. Poi mi guardò negli occhi. Non era più lo sguardo timido e basso del
primo giorno.
«Brava,» le dissi, con orgoglio sincero.
«Non pensavo di farcela,» ammise lei.
«E invece sì. Perché la forza non l’hai trovata qui dentro,»
indicai la palestra. «Era già tua. Io ti ho solo aiutata a vederla, a guardare
te stessa da un'altra prospettiva.»
Quella sera, quando uscì insieme alle altre ragazze,
camminava diversa. Più dritta, più sicura.
E io seppi che non era più la stessa Maria della prima
lezione....